Al_tempo della mia giovinezza avevamo molti mesi di vacanza, la mia famiglia si trasferiva in una casa al mare dei nonni e mio padre per tenerci li faceva il pendolare con l’ufficio.
Questo dava l’opportunità di passare molti giorni al mare e grazie al padre di un compagno di giochi, appassionato di subacqua, ci portava, quando le condizioni del mare lo permettevano, a fare pesca subacqua.
Anche lui era pendolare come mio padre, la mattina partiva in giacca e cravatta, in quanto era il respensabile del Centro di Calcolo della Banca Santo Spirito.
Terminato il lavoro prendeva il treno o la macchina e ci raggiungeva, arrivava alla casa al mare circa alle tre del pomeriggio, Fabio suo figlio, Antonio ed io, eravamo già li pronti, ad aspettarlo con le borse piene di atrezzatura e cintura dei piombi per andare. Si rimaneva in mare a pescare finche non calava il sole.
Quando invece era in ferie, si prendeva la macchina, una Fiat 127 rossa, per andare in posti dove l’acqua era più limpida, risultato che dopo qualche giorno i tappetini erano ricoperti di sabbia per non parlare della puzza di pesce che si mischiava con la puzza di benzina e olio di motore con il caldo infernale.
Passato il periodo adolescenziale ho continuato a fare pesca subacqua e piano piano a frequentare gente molto forte in grado di tenere apnee prolungate a profondità riguardevoli.
Ma appena ho iniziato a lavorare e quindi avere meno tempo a disposizione, e soprattuto aver iniziato una vita più sedentaria dietro una scrivania, ho capito che continuare con l’apnea a certi livelli sarebbe stato molto pericoloso.
Quindi rispolverato un vecchio brevetto FIPS per limmersione con le bombole preso all’eta di undici anni e quindi mai certificato, ho deciso di passare alle immersioni con le bombole e fare fotografia subacquea.
Anche qui per la mia innata curiosità ho iniziato a frequentare gruppi subacquei e fare tutta la trafila dei corsi fino a quello di asssistente istruttore, ma non ho mai voluto prendere il brevetto da istruttore in quanto ho sempre voluto relegare tale attività come un hobby.
Poi sono arrivate le miscele e le immersioni più impegnative, fino a far parte di team di supporto a tentativi di record o missioni scientifiche, quindi a partecipare al Progetto Abissi 2005 con l’Explorer Team Pellicano , il recordo di Alessandro Rignani Lolli e la discesa sul fondo del lago di Castel Gandolfo con Fabio Ottaviani Pajoncini.
In pratica i rischi, che evavo abbandonato con l’apnea, si erano riproposti e moltiplicati in modo ragguardevole.
Nel frattempo mi ero sposato ed avevo già due figli e la cosa incominciava ad essere estremamente stretta.
Non ricordo esattamente l’anno che conobbi Paolo, ma è passato molto tempo, ero in vacanza a Marina di Camerota e cercavo una guida fidata per fare alcune immersioni in grotta.
Trovai il Diving Center Marina di Camerota nella piccola marina, piccolo anche il diving, il giusto per farci entrare un compressore a due rampe, fissai la prima immersione per il giorno successivo.
La barca era un grosso gozzo, salimmo a bordo in quattro più il barcarolo ed iniziammo a puntare con la barca verso il luogo di immersioni.
Silenzio assoluto al difuori del borbottio del motore diesel, io scrutavo lui e lui scrutava me, un Torinese e un Romano in barca a Palinuro. Prima dell’immersione un veloce ma preciso briefing sull’immersione, sulle quote, sui punti di ritrovo e sulle regole da tenere in grotta.
Iniziamo l’immersione e capisco immediatamente che chi avevo di fronte conosceva a memoria il luogo, conosceva cosa c’era da vedere, come si passava e come controllava il piccolo gruppo che si distrigava tra pareti buie delle grotte.
Entrambi uscimmo dall’immersione con la stessa quantità d’aria mentre il restante gruppo aveva già raggiunto valori di riserva, da li è nata una intesa che ormai dura da molti anni.
Con lui abbiamo fatto tante immersioni, ci siamo divertiti e condiviso esperinze ed opinioni, ma troppo poche per quello che avrei voluto, magari ora saranno i miei figli a portarmi al mare.
Montagna
Sin da piccolo sono stato abituato ad andare in montagna, i primi passi in quota li ho fatti sul Gran Sasso, quando andavamo a Pietracamela nel periodo estivo come intramezzo al mare e da li iniziavamo l’ascensione verso la montagna.
Li mio nonno ritrovò un suo amico medico che fece parte della spedizione Italiana sul K2.
Successivamente poi ho iniziato ad andare sulle Alpi e per parecchio tempo abbiamo frequentato le montagne del Friuli.
Un incidente in moto mi ha poi precluso o comunque limitato tale attività.
Grazie al mio secondo figlio mi sono riavvicinato alla montagna ed in particolare al mondo degli climbers e bulderisti, una passione, come quella del paracadutismo, che ho sempre amato ma mai praticato.
Ho cercato, credo che in parte ci sono riuscito, di trasmette questa passione a miei 4 figli, il contatto con la natura e soprattutto il rispetto che ne dobbiamo avere.
Come per me, sin da piccoli li ho portati in montagna e li ho abituati ad essere autonomi in tale ambiente, lo scoutismo ha poi fatto il resto fino a renderli autonomi.
Fotografia
Sono stato sempre affascinato dalla fotografia sin da piccolo.
Ho iniziato a fare fotografia ovviamente in pellicola con amici utilizzando una Olimpus OM10 ed una vecchia macchina russa completamente manuale, passando dalla carta alle diapositive.
La fotografia che più mi appassionava era quella del reportage, dovuto anche dal fatto che ho avuto la fortuna di viaggiare molto con i miei genitori.
Questo mi ha permesso di conosce altre culture ed apprezarle, ed amare la diversità dei vari popoli, nonché capire la grazia di poter vivere in Italia e di essere nato in una città come Roma.
Conobbi Elisabetta Catalano grazie a mia moglie, in quanto lei è stata la sua segretaria/assistente per molto tempo.
E’ estremamente difficile definire o spiegare Elisabetta, per la sua grandezza, per il suo essere artista. Mi piace però ricordare un episodio, uno dei tanti a cui ho assistito o preso parte nel suo studio di Santi Apostoli, in quello che era studio, atelier e museo allo stesso tempo, dove molte celebrità ed artisti erano passati, e ognuno aveva lasciato la sua impronta, mi riferisco in particolare ad una stampa che aveva poggiato a terra nella zona ufficio che ritraeva la performance “Ideologia e natura” (1973) di Fabio Mauri.
La stampa raffigura una donna seduta (vedi foto sotto), lei vedendomi preso da tale foto mi disse “sei affascinato dai mutandoni”, ed era vero ed è vero ancora tutt’ora quando guardo questa foto, per quanto la foto a prima vista sembrerebbe comunicare “sesso” in realtà è tutt’altro, lei era riuscita a tramutare e immortalare quest’opera in una fotografia senza perdere un benchè di minimo di comunicazione pensata da Mauri.
Questa è la fotografia di Elisabetta, ti prende per mano e ti porta nella profondità dell’essere.
Fare da assistente insieme a Giorgio, suo assistente ufficiale, non era semplice e avvolte molto faticoso, ma capivi che quello che stava per accadere era pura arte, eri immerso nell’arte e nella capacità di Elisabetta di tramutare l’arte in foto.
Con lei ho avuto l’opportunità di conoscere artisti, critici, altri grandi fotografi dell’epoca e appassionarmi ancor di più della bella fotografia (dove non si usava il foto ritocco).
Foto E. Catalano
Meccanica
La ritengo la mia vera passione, quella che più mi prende, un po trasmessa da mio padre ed un po per la mia curiosità per vedere cosa c’è dentro e come funziona.
Ho fatto l’Istituto Tecnico a Roma con la specializzazione in informatica presso ITIS Armellini, mentre i primi due anni li ho frequentati presso la scuola l’ITIS Marconi.
Nei due anni, ho avuto la fortuna di avere compagni anche loro appassionati di meccanica ed allo stesso tempo un professore, all’epoca se non ricordo male la materia si chiamava “Aggiustaggio”, che oltre alla normale lezione fatta con lime e seghe, ci faceva mettere mano anche alle macchine utensili.
In pratica appena avevamo un attimo libero, eravamo sempre chiusi nei laboratori a consumare punte/utensili, usando torni, frese, rettificatrici, limatrici e trapano a colonna.
Siccome saldavo molto bene sia ad arco che ad acetilene, con un compagno di classe ci mettemmo a produrre marmitte ad aspansione per motori a due tempi di ancune moto da cross che andavano a quell’epoca (es. Caballero della Fantic Motor con motore Minarelli), ne facemmo un bel po.
Mi ricordo che un giorno, non so che mi aveva preso, radunai una cariola di scarti di pezzi di ferro, tutti spezzoni, e li saldai tutti insieme fino a disegnare una piccola casa del peso di più di una cinquantina di chili. Il prof. non la prese bene, la punizione fu tagliare il tutto con il cannello troncatore.
D’estate, la mattina ero in mare a pesca subacquea, mentre il pomeriggio lo passavo presso un’officina di un elettrauto vicino casa.
Tutto era iniziato per curiosità, poi visto che mi piaceva, ho iniziato a lavorare in officina.
Il proprietario era un tipo molto particolare, emiliano, ex sommergibilista, lui ed un altro realizzarono la prima linea di produzione del teflon in Italia, poi scappato in Argentina per alcuni problemi, se ricordo bene con la giustizia, poi tornato in Italia aveva aperto un’officina di elettrauto.
Si faceva di tutto, passavamo dall’installare allarmi su Ferrari e Mercedes, a riparare condizionatori o gruppi elettrogeni grossi come camion, un bel apprendistato.
Con lui ho appreso molto della meccanica e della parte elettrica di un’autovettura, almeno quella di una volta, ora serve il computer e cambi il pezzo.
Musica
Arte
In questo ultimi anni mi sto avvicinando all’arte digitale ed in particolare al mondo del metaverso come nuovo strumento comunicativo.
Trovo che l’arte sia un ottimo mezzo per fare innovazione, andando a prendere idee dagli artisti che a loro volta stanno per primi sperimentando con questi nuovi strumenti e che quindi sia anche il modo veloce per apprendere i nuovi modi e tecniche di comunicazione